Conclusa con successo la campagna raccolta firme per la presentazione della Lista AMNISTIA GIUSTIZIA LIBERTA', i candidati baresi sono entrati in campagna elettorale con questo programma:
http://www.amnistiagiustizialiberta.it/programma-lista-amnistia-giustizia-libert
USCIRE SUBITO DALLA FLAGRANZA DI REATO: AMNISTIA PER LA REPUBBLICA.
Con
la lista di scopo AMNISTIA GIUSTIZIA LIBERTA’ si chiede il voto degli
elettori affinché l’Italia, questa Italia, esca dalla assoluta flagranza
criminale nella quale da decenni e decenni insiste e persevera nei
confronti delle giurisdizioni europee, internazionali e – in primissimo
luogo – della Costituzione italiana. I radicali, che la promuovono,
hanno adottato questo obiettivo principale della propria vita politica e
personale.
APRIRE SUBITO IL CANTIERE PER UNA RIFORMA ORGANICA DELLA GIUSTIZIA.
Senza
l’amnistia e l’indulto non è pensabile realizzare una seria riforma
della giustizia e, quindi, dar vita ad un progetto organico di
interventi diretti a restituire credibilità ed efficienza all'intero
sistema giudiziario, allo scopo di farlo funzionare e di fornire
risposte rapide ed efficienti alle attese dei cittadini, nel contempo
assicurando loro una ragionevole durata dei processi civili e penali,
nel rispetto dell'articolo 111 della Costituzione, senza rinunziare alle
altre garanzie costituzionali.
L’impegno di
riformare l’amministrazione del nostro sistema giudiziario e
penitenziario passa necessariamente attraverso cinque linee direttrici:
rinnovamento della magistratura, riforma del codice penale e del sistema
carcerario, riforma della giustizia civile e miglioramento
dell’efficienza del sistema-Giustizia.
1. Rinnovamento della magistratura
Nella
sua Relazione tenuta il 19 ottobre 2012 in occasione dell’Incontro di
studio su “Le novità in materia di ordinamento giudiziario”, organizzato
dall’Associazione italiana fra gli studiosi del processo civile, il
Prof. Giuseppe Di Federico ha sostenuto che: a) l’Italia è l’unico paese
europeo ove nessun organo esterno influisce sulle decisioni che
riguardano lo status dei giudici e pubblici ministeri e dove tutte
quelle decisioni sono assunte in piena indipendenza dal CSM; b) a
differenza di altri paesi i nostri magistrati, per iniziativa del CSM,
non sono soggetti a reali, selettive valutazioni di professionalità e
raggiungono tutti, da oltre 40 anni, il massimo livello della carriera,
dello stipendio della liquidazione e della pensione; c) di conseguenza,
per volere del CSM, i nostri magistrati hanno un trattamento economico
complessivo molto più elevato di quello dei loro colleghi dell’Europa
continentale . Negli altri paesi, infatti, solo un percentuale molto
bassa di magistrati raggiunge i livelli più elevati della carriera,
dello stipendio e della pensione; d) a differenza degli altri paesi
l’inamovibilità copre l’intero arco della vita lavorativa dei nostri
magistrati (non solo dei giudici ma anche dei pubblici ministeri). Anche
questa è una conseguenza delle promozioni effettuate dal CSM sulla base
dell’anzianità. Una volta raggiunta una sede gradita i magistrati vi
possono rimanere indefinitamente a prescindere dalle esigenze di
personale togato che insorgono negli uffici giudiziari meno graditi; e)
le attività di supervisione dell’attività dei magistrati da parte dei
dirigenti degli uffici sono di gran lunga meno pregnanti di quanto non
siano negli altri paesi dell’Europa continentale, soprattutto a causa
del ruolo di vertice organizzativo della magistratura che il CSM si è
assunto. Un ruolo che, tra l’altro, pone nelle mani dei singoli
magistrati di ogni ufficio giudiziario efficaci strumenti per
controllare le scelte dei dirigenti ed eventualmente ottenere che esse
vengano corrette da interventi del CSM; f) a differenza di altri paesi i
nostri magistrati possono svolgere per moltissimi anni funzioni non
giudiziarie (anche in rappresentanza di partiti politici) e mantenere al
contempo tutti i vantaggi di carriera ed economici dei magistrati che
seguitano a svolgere attività giudiziaria.
2. La riforma del codice penale
La
riforma della giustizia e del carcere debbono passare necessariamente
attraverso la rimodulazione del diritto penale sostanziale, di cui vanno
rimosse le incrostazioni determinate da politiche criminali varate nel
“segno dell’emergenza” e della logica degli “interventi d’occasione”.
Quanto
ai contenuti della riforma si ribadisce che l’intervento più urgente,
proprio come illustrato nel libro scritto a quattro mani da Carlo Nordio
e Giuliano Pisapia (In attesa di giustizia. Dialogo sulle riforme possibili),
dovrà riguardare il sistema delle pene principali, il quale andrà
arricchito di misure sanzionatorie “diversive” che releghino la pena
detentiva ad autentica ultima ratio. Caratteristica strutturale delle pene deve essere infatti la loro destinazione a favorire esisti di risocializzazione (nei confronti dei soggetti bisognosi di recupero), ovvero di non desocialiazzazione
(verso i soggetti socialmente integrati). A tal proposito sarebbe
opportuna l’introduzione del processo cosiddetto “bifasico”, in modo da
consentire al giudice di commisurare la pena alternativa a quelli che
sono i reali bisogni rieducativi del reo.
Inoltre è di massima
importanza introdurre strumenti di deflazione del carico di lavoro degli
uffici inquirenti e giudicanti quali: un’ampia depenalizzazione,
l'introduzione dell'istituto dell'archiviazione per irrilevanza penale
del fatto e la mediazione dei conflitti interpersonali. In questa stessa
chiave assume un ruolo strategico la previsione di una clausola di
necessaria offensività del fatto penale. Già da sole, queste innovazioni
assicurerebbero maggiore razionalità, coerenza ed efficienza al sistema
penale.
L’intervento riformatore dovrà infine esprimere un netto rifiuto del diritto penale del comportamento, bandire ogni ipotesi di responsabilità quasi-oggettiva e definire una volta per tutte le forme del c.d. “dolo indiretto”.
Particolare
cura, sempre in chiave di razionalizzazione garantistica, va riservata
anche alla riscrittura dei delitti associativi mediante una più precisa
descrizione sia della condotta di partecipazione e sia delle condotte di
sostegno associativo (concernenti la c.d. area della “contiguità”
associativa), le quali vanno anche accompagnate da una espressa clausola
di inapplicabilità delle norme sul concorso eventuale.
3. La questione penitenziaria: le carceri fuorilegge sempre più emblema dell’ingiustizia di Stato
Non
sono solo i Radicali -che promuovono questa lista- a sostenere che le
carceri sono fuorilegge. A sanzionare il nostro Stato, ripetutamente e
da anni, è infatti la Corte Europea dei diritti dell’uomo che il 7
gennaio scorso è tornata a condannare l’Italia per violazione
dell’articolo 3 della Convenzione, quello che punisce i “trattamenti
inumani e degradanti”. La Corte di Strasburgo non si è limitata a
richiedere al nostro Paese di risarcire 7 detenuti (tre dei quali per
istanze avanzate da penalisti radicali) per danni “morali” ma, partendo
dalla constatazione che le nostre carceri versano in una crisi
“strutturale”, ha intimato all’Italia -attraverso la sua “sentenza
pilota”- di rientrare immediatamente nella legalità costituzionale ed
europea.
Il problema carcere deve esser risolto non costruendo
nuovi istituti penitenziari, ma considerando la detenzione, quale misura
cautelare e di espiazione della pena, solo per i casi più gravi, per i
soggetti più pericolosi, come prima tappa di un percorso che deve
portare al recupero del soggetto: il carcere, insomma, quale extrema ratio.
Anche perché è dimostrato – dati scientifici alla mano – che chi sconta
la pena nelle nostre galere ha una recidiva (cioè torna a delinquere)
vicina all’80%, mentre i “colpevoli” che accedono alle misure
alternative, solo in rarissimi casi tornano a commettere reati.
Purtroppo
dopo l’indulto del 2006 - che per cecità e scelte di bassa cucina
politica non è stato abbinato ad un provvedimento di Amnistia - le cause
del sovraffollamento carcerario non sono state rimosse, il che ha
prodotto effetti devastanti nel sistema penitenziario del nostro Paese.
4. La riforma della giustizia civile
Il
processo civile ordinario risulta essere il sistema più lento in
assoluto in Europa (80% in più di durata): nove anni e mezzo di durata
rispetto alla media europea di cinque anni e mezzo.
Le cause di
diritto del lavoro che coinvolgono le imprese hanno una durata media di
due anni e cinque mesi e la caratteristica principale di questo tipo di
cause è che il tempo di attesa della prima udienza assorbe più di un
terzo del tempo complessivo.
Un’altra riforma importante, capace in prospettiva di
arrecare un notevole miglioramento alla giustizia civile italiana, va
individuata nella riforma della legge sul divorzio. A tal proposto si
rende ormai doveroso e non più procrastinabile giungere alla
eliminazione dell’istituto giuridico della separazione legale, così da
consentire alle coppie in crisi di chiedere e ottenere direttamente il
divorzio, proprio come avviene in pressoché tutti gli altri paesi
europei ed extraeuropei. Una coraggiosa legge sul c.d. “divorzio breve”
abbatterebbe non solo i costi e i tempi per ottenere lo scioglimento del
vincolo coniugale, ma avrebbe un effetto benefico più in generale sui
tempi di definizione delle cause civili e sul carico pendente dei
tribunali, atteso che circa centomila cause iscritte ogni anno nei
nostri uffici giudiziari riguardano proprio i procedimenti di
separazione (consensuale o giudiziale).
5. Efficienza dell’apparato giudiziario
Il
grave stato di degrado in cui versano le strutture giudiziarie è una
delle fondamentali cause della durata irragionevole dei processi e su di
esso occorre intervenire con un piano organico.
Quanto all’organizzazione dell’attività processuale la
durata irragionevole ha la sua causa principale nei “tempi morti”:
stasi rilevantissime di ogni attività, il più delle volte determinate da
carenze di organico e di distribuzione irrazionale delle medesime. Non
c’è dubbio che vi concorra anche una disciplina processuale spesso
farraginosa (basti pensare al sistema delle notificazioni), che va
certamente eliminata e/o modificata, nella consapevolezza però che si
tratta di un intervento di seconda battuta.
Lista Amnistia, Giustizia, Libertà
RispondiEliminaCAMERA
1. Elisabetta Zamparutti
2. Sergio D’Elia
3. Rita Bernardini
4. Giacinto Marco Pannella
5. Maurizio Bolognetti
6. Elisabetta Tomaiuolo
7. Pasquale Tria
8. Cinzia Irene Libera Testa, detta Irene
9. Mario Di Corato
10. Nicola Magaletti
11. Daniela Amato
12. Dario Vese
13. Antonella Soldo
14. Francesco Mastroviti
15. Daniela d'Amuri
16. Luigi Benedetto Sbarro
17. Margherita Russo
18. Paolo Calvo
19. Tania Rizzo
20. Giuseppe Sante Gialluisi
21. Addolorata Daniela De Matteis
22. Anna Briganti
23. Ivana Fabiola de Leo
24. Michele Ermanno Macelletti
25. Angela Iudici
26. Francesco Donato De Notariis
27. Serena Corrao
28. Michele Fiore
29. Daniela de Palo
30. Gaia Rosini
31. Alessandro Barchiesi
32. Vincenzina Antonelli
33. Raffaele Fortino
34. Marco Imperioli
35. Pietro Migliorati
36. Paolo Proietti
37. Bachisio Maureddu detto Isio
38. Gennaro Romano
39. Marco Cerrone
40. Emma Bonino